La battaglia di Little Big Horn I parte - Indiani d'America

Vai ai contenuti

Menu principale:

La battaglia di Little Big Horn I parte

Testi
25 - 26 giugno 1876

Parte prima

Il trattato stipulato nel 1868 a Fort Laramie a conclusione della guerra di Nuvola Rossa assegnava alle tribù Lakota una grande riserva dove le bande che lo avessero desiderato avrebbero potuto vivere mantenute dal governo americano. A disposizione delle tribù che ancora cacciavano i bisonti furono lasciati i ricchi territori della regione del Powder con l'ecosistema ancora intatto: in pratica una grande riserva di caccia. Durante gli anni successivi al trattato, però, l'avanzata della frontiera non conobbe soste e nei primi anni Settanta i soldati, i coloni e la ferrovia minacciarono quei preziosi territori dove pascolavano le ultime grandi mandrie di bisonti del continente. Il 31 gennaio 1876 il governo americano diede un ultimatum alle bande nomadi, intimando loro di entrare nella riserva. Era un ordine illegittimo, perché in netto contrasto con il trattato del 1868. Gli indiani che vivevano fuori dalla Grande Riserva Sioux decisero di non presentarsi e di resistere a eventuali aggressioni. Nel tardo inverno del 1876 due colonne militari affrontarono gli indiani per costringerli alla resa, ma fallirono entrambe, ottenendo come unico risultato quello di far concentrare grandi forze intorno al nucleo militante di Toro Seduto e Cavallo Pazzo. A primavera inoltrata tre colonne mossero verso la zona del Powder. La prima, quella del generale John Gibbon, si riunì alla spedizione del generale Alfred Terry, che proveniva da est, alla confluenza del fiume Rosebud, mentre la colonna del generale George Crook fu costretta alla ritirata dopo la sconfitta del Rosebud. La strategia del generale Terry prevedeva di accerchiare gli indiani nemici prendendoli in mezzo tra la colonna di Gibbon, composta di fanteria, e quella di Custer, formata di cavalleggeri. Una strategia applicabile ai concetti della guerra tradizionale, contro eserciti europei, lenti e appesantiti da convogli di rifornimento e che poteva andare bene contro un'armata confederata, ma che contro nemici particolarmente mobili, che vivevano delle risorse di un territorio che conoscevano palmo a palmo, dimostrò tutta la sua infondatezza.
Il 22 giugno il 7° Cavalleggeri lasciò il campo alla foce del Rosebud e mosse diretto a sud con trentuno ufficiali, cinquecentosessantasei soldati, trentacinque esploratori indiani e quindici civili. La marcia proseguì tranquilla per due giorni e i soldati trovarono le tracce di un grande villaggio indiano, probabilmente quello di Toro Seduto e Cavallo Pazzo. Vi erano centinaia di focolari, segno evidente della sua grandezza. ll 24 mattina Custer e i suoi uomini raggiunsero il posto dove gli indiani avevano eseguito una grande danza del sole e lo scout George Herendeen vide su di un palo lo scalpo di un soldato di Gibbon ucciso qualche mese prima. Le tracce erano numerose e gli scouts uscirono in ricognizione per trovare la direzione giusta. Essa andava verso lo spartiacque tra il Rosebud e il Little Big Horn e in quella direzione si mosse in seguito il reggimento. Durante le prime ore del 25 giugno gli scouts Absaroka avvistarono una grande mandria appartenente al villaggio e, quando la luce fu più chiara, l'accampamento stesso, situato nella valle del Little Big Horn. All'inizio Custer pensò di rimanere al riparo delle colline per tutto il 25, riservandosi di attaccare nella giornata successiva. Alcuni segnali discordanti, però, che davano gli indiani in movimento e in possibile fuga, lo convinsero ad attaccare il villaggio prima che si disperdesse. Questa fu la sua vera preoccupazione. Custer credeva fermamente che gli indiani non avrebbero combattuto e temeva potessero sfuggirgli, disperdendosi. Non capì dai segnali sulla pista e dagli avvertimenti che gli diedero le sue guide indiane che il nemico si era rafforzato e in quei giorni il villaggio costituiva una delle più grandi concentrazioni di pellerossa in armi della storia delle guerre indiane.

La missione di Benteen

Non sapendo esattamente dove fosse il campo indiano, Custer inviò il battaglione di Benteen a ovest della pista, al fine di effettuare una ricognizione. Le compagnie di Benteen si staccarono dal reggimento a mezzogiorno e proseguirono verso alcune basse colline all'orizzonte. Custer reputò importante la ricognizione di Benteen e si tenne in contatto con le staffette per sapere immediatamente della presenza di indiani. Poi, però, Benteen prosegui ancora per alcune miglia, senza avere più contatti con Custer e giunto a un punto dal quale aveva un'ottima visuale delle vallate davanti a lui, appurato che non vi erano villaggi in vista, tornò sui suoi passi, rimettendosi lungo le tracce del reggimento. Benteen rientrò sulla pista poco prima delle 14 del pomeriggio, davanti al convoglio delle salmerie che viaggiava più lentamente. A questo punto fu raggiunto dal sergente Kanipe con un messaggio di Custer che diceva di farsi avanti con il suo battaglione, perché aveva trovato un grande villaggio nemico e si accingeva ad attaccarlo. Poco prima delle 16, giunse da Benteen il trombettiere Giovanni Martini con l'ultimo messaggio di Custer, che ribadiva di fare presto e portare le munizioni. Alle 16.15 circa Benteen e i suoi giunsero sulle colline che si affacciavano sul Little Big Horn, proprio mentre i resti del battaglione di Reno, in fuga, risalivano la cima con gli indiani alle calcagna. Benteen decise di fermarsi da Reno per portargli soccorso e di non andare da Custer, nonostante il preciso ordine di quest'ultimo.

La battaglia di Reno

Mentre Benteen conduceva la sua esplorazione, Custer proseguì lungo il torrente Ash e in breve giunse al luogo dove si trovava un tipi solitario che conteneva il corpo di un guerriero morto in seguito alle ferite riportate nella battaglia del Rosebud. La famiglia, visti i soldati, fuggì e Custer temette di essere stato scoperto e che le bande indiane cominciassero a disperdersi. Durante la pausa presso la tenda, gli scouts Absaroka continuarono a mettere in guardia Custer riguardo al numero dei guerrieri indiani. Essi erano in guerra con i Lakota da più di un secolo e conoscevano bene il valore e la terribile forza anche di solo cento guerrieri, mentre il villaggio nemico conteneva sicuramente un numero di guerrieri che i Corvi o gli Ankara non avevano mai visto tutti insieme. Il mercante Fred Gerard era su di una collinetta e indicò a Custer un gruppo di indiani che precedeva di poco i soldati e si muoveva velocemente verso la valle del Little Big Horn. Gerard urlo a Custer: «Eccoli i suoi indiani, corrono come diavoli!››. Ancora una volta Custer ebbe l'impressione che gli indiani stessero fuggendo. A quelle parole spronò il cavallo e da solo si gettò dietro i fuggitivi. Nessuno degli esploratori, però, seguì Custer, che, ritornato sui suoi passi, li apostrofò duramente. I presunti fuggitivi di Custer erano una banda Oglala che proprio quel giorno aveva lasciato il campo di Toro Seduto per tornare nel Nebraska. Visti arrivare i soldati, gli Oglala fecero marcia indietro e tornarono velocemente verso il villaggio. Pochi minuti dopo il reggimento si mise in marcia e Custer ordinò al maggiore Reno di effettuare una conversione a sinistra per dirigersi verso il fiume e attaccare gli indiani che si stavano disperdendo. Lui l'avrebbe appoggiato con il resto delle truppe. Seguito dalla maggior parte degli esploratori e degli ausiliari indiani, Reno piegò a sinistra e si inoltrò lungo i torrenti che scendevano al Little Big Horn, raggiungendolo alle 14.30. Qui i soldati abbeverarono i cavalli e dopo dieci minuti mossero verso la pianura oltre il fiume. Gli esploratori erano all'avanguardia e alle ali con il compito di catturare la grande mandria di cavalli. Erano circa le 15 del pomeriggio quando i primi spari risuonarono nella valle. Gli scouts di Reno davano già la caccia ai nemici sorpresi fuori dal campo. Le compagnie di Reno galopparono nella valle e attaccarono il villaggio Hunkpapa, quello più meridionale, che fu completamente preso di sorpresa. La gente cominciò a fuggire nella più grande confusione, mentre i guerrieri si radunavano per contrastare i soldati. I colpi dei soldati caddero addosso alle tende e ferirono o uccisero numerose persone. I cavalleggeri giunsero a poche decine di metri dalle tende, smontarono e si disposero in linea di fronte, mentre un soldato ogni quattro teneva i cavalli per la cavezza. Intanto Toro Seduto riuscì a radunare i guerrieri, che contrattaccarono fermando l”avanzata di Reno. Mano a mano che i minuti passavano, giunsero numerosi guerrieri dai campi più lontani e, quando arrivò Cavallo Pazzo, centinaia di indiani a cavallo furono pronti a caricare i soldati, schierati in un lunga ma fragile linea. A un ordine del capo Oglala i guerrieri si spinsero sulle ali dello schieramento nemico, aggirandolo, e i soldati dovettero ritirarsi per non essere travolti. I soldati si disposero nel folto bosco che costeggiava il fiume, mentre i guerrieri dispersero gli esploratori di Reno, ingaggiando furiosi corpo a corpo. I soldati rimasero nel bosco alcuni minuti, rispondendo al fuoco degli indiani che si infiltravano nella boscaglia. Lungo il fiume molti guerrieri entrarono nel bosco e alcuni riuscirono ad arrivare a tiro del comando di Reno, che era in una radura con alcuni soldati e scouts. Improvvisamente una raffica di fucilate colpì a breve distanza i cavalli e i soldati. Una pallottola prese alla testa Coltello Insanguinato, uno degli scouts di Custer, spappolandogli il cranio e spiaccicandone il cervello sulla faccia di Reno. Stravolto, in preda al panico, il maggiore diede alcuni ordini contraddittori: prima urlò di montare a cavallo, poi di scendere e a un certo punto saltò in sella e senza dire un parola uscì dal bosco, galoppando a perdifiato. Reno fu seguito dalla maggior parte dei soldati delle compagnie M e A, mentre il grosso della G, che era più lontano, verso nord, non capì cosa stesse succedendo e vide solo i commilitoni fuggire inseguiti da un nugolo di indiani a cavallo. A questo punto la compagnia G, ormai circondata, fu distrutta e solo pochi superstiti riuscirono ad arrivare al fiume. I guerrieri uccisero molti soldati sbalzandoli di sella con le mazze o gettandosi in furiose mischie corpo a corpo. Il battaglione di Reno, in fuga precipitosa, giunse completamente disfatto al Little Big Horn e lo attraversò a fatica sotto il fuoco degli indiani. Per le truppe di Reno la battaglia durò circa un'ora e i poveri resti del suo battaglione si sistemarono sulla cima di una collina, temporaneamente al sicuro dagli indiani. Nello scontro il battaglione di Reno ebbe trentacinque morti, undici feriti e venti dispersi, mentre le perdite degli indiani furono di una decina di guerrieri caduti. Dopo pochi minuti giunsero le compagnie di Benteen, che, viste le condizioni degli uomini di Reno, presero posizione insieme a loro. Furono raggiunti poco dopo dalle salmerie, mentre da lontano giungeva l'eco di una forte sparatoria.

continua



 
Torna ai contenuti | Torna al menu