Al contrario di quanto si pensi per via della rappresentazione che ne ha fatto la cinematografia hollywoodiana, la maggior parte dei forti costruiti nell'Ovest americano mancava di una fortificazione esterna costituita da una palizzata di tronchi. Come osservò un ufficiale, «è meglio per il morale della truppa dipendere dalla vigilanza e dai fucili per la protezione, piuttosto che nascondersi dietro palizzate››. Generalmente i forti dell'Ovest erano costituiti da un modesto gruppo, solitamente improvvisato, di capanne di tronchi d'albero, imbrattate di fango. Il peggiore di tutti risultò Fort Ruby, a meta strada fra Salt Lake City, nello Utah, e Carson City, nel Nevada. Solo di rado si ottenevano forti ben costruiti, come per esempio Fort Shaw, chiamato anche la «Regina dei forti del Montana», in quanto la cronica mancanza di materiale dell'esercito, la difficoltà dei trasporti e l'ostilità degli indiani impedivano la realizzazione di opere sofisticate durante i momenti caldi dell'occupazione militare dei territori nemici.
Le caratteristiche dei forti
La maggior parte delle fortificazioni dei luoghi di frontiera passava attraverso vari stadi di costruzione. Quando i soldati arrivavano in un luogo adatto per la costruzione del forte, innanzitutto realizzavano un deposito per i viveri e le munizioni, poi un riparo per i grandi ma delicati cavalli dell'esercito, se si trattava di un reparto di cavalleria, e solo in seguito costruivano alloggiamenti di fortuna per la truppa. Rari erano gli esempi di forti cinti da una palizzata, almeno durante le guerre nelle pianure. Durante i secoli della vecchia frontiera, invece, la maggior parte delle fortificazioni era cinta da palizzate con torrette agli angoli e feritoie per i fucili. Le regioni montagnose e boscose delle colonie atlantiche offrivano efficaci ripari naturali agli indiani nemici: i soldati o i coloni che avessero costruito i forti senza un riparo di tronchi, sarebbero stati alla mercé dell'avversario molto più facilmente. Durante le guerre combattute al di là del Mississippi, invece, le grandi pianure permettevano un'ottima visuale intorno alle postazioni militari e mancavano motivi tattici che imponessero di cingere le postazioni con palizzate. Generalmente l'unica area recintata in una postazione dell'esercito regolare era costruita all'interno del forte per proteggere le provviste dei mercanti dai furti dei soldati e degli indiani amici, che immancabilmente stazionavano nei pressi dei forti. In realtà la maggior parte dei forti di frontiera era poco più che un gruppo di edifici fatti di legname, pietra o mattoni a seconda della disponibilità di materiale. Le baracche della truppa erano generalmente di fronte agli alloggi degli ufficiali, separati dalla distesa più o meno grande di una piazza d'armi. In base alla grandezza del forte potevano esserci altre costruzioni, che includevano edifici amministrativi, magazzini, officine, recinti per il bestiame, il deposito del vivandiere e l'abitazione dei sottufficiali sposati alle lavandaie della postazione. Sicuramente la qualità della maggior parte dei forti dell°Ovest, soprattutto quelli della frontiera più lontana, o dei territori desertici dell'Arizona era più vicina a quella di Fort Ruby che a quella di Fort Shaw. l forti erano comunemente sovraffollati e sporchi. Un soldato semplice di solito doveva dividere la sua cuccetta con un altro uomo e, mentre il regolamento prescriveva un bagno a settimana, generalmente il forte non offriva né le stanze da bagno né sufficiente acqua per fare il bagno. Nel 1878 un ufficiale osservò che durante trent'anni di servizio non aveva mai visto una stanza da bagno in nessuna postazione dell'Ovest. Fort Kearny, costruito dal colonnello Carrington durante la guerra di Nuvola Rossa, era invece un ottimo forte e per anni fu considerato un modello di architettura difensiva. Completamente recintato da una robusta palizzata alta più di due metri, era dotato di stalle, baracche per gli uomini, torrette difensive, polveriera e piccoli alloggi ufficiali. Dal punto di vista militare fu pero un fallimento. Doveva controllare una pista molto trafficata da convogli civili, che in realtà era terribilmente insicura anche per gli stessi soldati. La politica dell'esercito nella sua guerra contro gli indiani delle pianure fu sempre oscillante e indecisa tra l'offensiva contro le tribù e un'incerta pace armata, imposta con la presenza della potenza dei suoi forti. In realtà almeno nei primi tempi un nomade delle pianure si disinteressava di questi colossi delle pianure. Con il trascorrere degli anni i mercanti e i coloni che arrivavano a sistemarsi nei pressi dei forti attiravano le bande di cacciatori per gli scambi e in breve le fortificazioni divennero dei catalizzatori della civiltà dei bianchi. Dopo un certo periodo di tempo dalla costruzione di un forte la selvaggina spariva dai territori vicini e, poiché la maggior parte delle agenzie indiane aveva una postazione militare nelle vicinanze, gli indiani che non volevano allontanarsi alla ricerca di nuovi territori cominciarono a vivere a fianco delle postazioni militari, mendicando razioni dai soldati o dall'agente indiano. In breve nei pressi dei forti sorsero villaggi abitati da indiani completamente deculturalizzati, incapaci di provvedere a se stessi, ma nello stesso tempo anche ai margini della società dei bianchi. La colonizzazione bianca, che seguiva sempre l`occupazione militare, finiva per dare il colpo di grazia alle ricorse economiche tradizionali dei territori, riducendo le nazioni indiane a morire di fame o a ritirarsi definitivamente nelle riserve.
La vita nei forti
Per molti soldati il forte fu soprattutto un luogo di rifugio e rifornimento. Nel West molti uomini si arruolavano di inverno per potere stare al caldo e mangiare tutti i giorni e poi disertavano nell'estate successiva. Alcuni soldati disertavano e si arruolavano più di una volta. La sveglia era solitamente alle 5.30, la prima esercitazione alle 6.15, la «corvée» (manutenzione abituale, riparazione, taglio della legna) cominciava alle 7.30, si montava di guardia alle 8.30, i lavori del pomeriggio iniziavano all'1.00, l'esercitazione del pomeriggio alle 4.30 e alle 8.15 il tamburo annunciava l'ora del rancio. L'esercitazione non significava addestramento al combattimento o esercizi di tiro, che a causa del costo delle munizioni erano rari. L'oggetto dell'esercitazione era il mantenimento dell'ordine e della disciplina. Molto tempo dei soldati trascorreva comunque nell'ozio e nella noia più totali e i problemi per il mantenimento della disciplina furono sempre gravi. Ogni mancanza era punita severamente e una serie maniacale di regole su ogni più piccola e insignificante attività di soldati e ufficiali faceva si che le corti marziali lavorassero in pratica a tempo pieno, anche per i casi più lievi. A volte la vita nel forte di frontiera concedeva degli svaghi, che comprendevano il gioco delle carte e il canto. Poteva capitare che nelle postazioni più grandi vi fossero spettacoli di suonatori ambulanti che intrattenevano i soldati e a volte i soldati e gli ufficiali più istruiti improvvisavano commedie e drammi teatrali. Se il forte era il quartier generale di un reggimento, la banda si esibiva per un'ora tutte le sere. Qualche volta i soldati che sapevano suonare uno strumento si riunivano improvvisando balli e canti con barbuti sergenti che facevano le veci delle damigelle. Grazie alla lettura della Bibbia la maggior parte dei soldati sapeva leggere e scrivere. Nel carro degli emigranti vi erano sempre alcuni libri e l'esercito non faceva differenza. Alcuni forti avevano biblioteche molto fornite. Quella di Fort Sully, sul fiume Cheyenne, nell'attuale Dakota del Sud, aveva ottocento volumi e i prestiti erano sempre numerosi. I mercanti autorizzati avviavano piccoli spacci nelle postazioni e a prezzi proibitivi offrivano prodotti che non avevano niente a che fare con le razioni di provenienza governativa: si trattava di tabacco, birra, frutta e carne in scatola, Whisky e generi di prima necessità. Il problema dei prezzi esorbitanti degli spacci civili appaltati a mercanti disonesti fu la causa del grave scandalo che scosse l'amministrazione del presidente Ulysses Simpson Grant alla vigilia della campagna contro i Lakota del 1876. Per rifarsi delle enormi somme di denaro pagate ai politici corrotti per ottenere le concessioni, i commercianti furono costretti ad aumentare i prezzi in modo esorbitante. Poi salì un coro di proteste e denunce sino a scuotere alle fondamenta il dipartimento della Guerra. La maggiore piaga che afflisse la vita nelle guarnigioni della frontiera fu l'alcolismo. Negli anni Ottanta non meno del quattro per cento dei soldati americani vennero ospedalizzati come alcolisti. Quando nel 1881 fu proibita la vendita di alcol nei forti, vennero aperti saloons al di fuori delle proprietà militari e il tasso di consumo di alcol aumentò. La piaga dell'alcolismo colpì anche la classe degli ufficiali e si può ragionevolmente affermare che una buona parte di questi ultimi aveva problemi di dipendenza dal bere. Oltre ai liquori, nei locali che proliferavano nelle vicinanze dei forti vi erano anche prostitute e dagli anni Ottanta circa l'otto per cento dei soldati vennero curati per avere contratto malattie veneree. Di solito l'esercito assegnava una lavandaia ogni diciannove uomini della guarnigione. Spesso le lavandaie non erano altro che donne pagate per fare il bucato dei soldati e a volte erano le mogli dei soldati e dei sottufficiali, ma alcune erano anche prostitute.
Gli indiani e i forti
Nel corso dell'intera storia della conquista del West non furono molte le fortificazioni prese d'assalto dagli indiani. Durante le guerre coloniali le piazzeforti attaccate e conquistate direttamente dai guerrieri indiani senza l'apporto di alleati bianchi, francesi, inglesi o spagnoli, furono poche. Gli indiani non combattevano come i bianchi degli eserciti regolari ed erano abituati alla tattica della guerriglia. L'assalto alle palizzate comportò sempre gravi perdite e il guerriero indiano, oltre che combattente, era anche cacciatore, padre e unico sostentamento per la sua famiglia. l capi che perdevano uomini in una battaglia, anche se vittoriosa, erano sempre guardati con sospetto e con il tempo perdevano il loro ascendente e potere. Nelle guerre delle pianure questo concetto si esasperò in quanto le società individualistiche delle tribù nomadi non si conciliavano con la guerra così come la combattevano gli uomini bianchi. Il problema assillante dei numerosi eserciti che solcarono le pianure fu sempre quello di trovare il nemico, che il più delle volte, quando veniva scovato, sfuggiva al contatto con grande scorno e frustrazione dei comandanti. Di solito gli indiani combattevano se le condizioni erano totalmente a loro favore. Anche le tribù più grandi potevano mettere in campo poche centinaia di combattenti effettivi e ogni guerriero era un bene prezioso che non andava sprecato in battaglie azzardate. Gli indiani non seppero mai concepire la conquista di una postazione fissa come una vittoria. L'assoluto rifiuto dell'attacco ai forti era una norma costante e solo in pochi casi e per cause particolari la regola venne infranta. Il furioso assalto dei guerrieri Dakota di Piccolo Corvo a Fort Ridgely durante la guerra del 1862 fu una vera eccezione, causata dall'odio che la maggior parte dei Dakota nutriva per i bianchi. L'attacco venne respinto sanguinosamente dai soldati a cannonate dopo giorni di furiosi combattimenti corpo a corpo tra le caserme e le baracche della postazione, che non era cinta da palizzate.