Epidemie e malattie - Indiani d'America

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Epidemie e malattie

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Una delle cause che portò al collasso e alla distruzione la maggior parte delle comunità dell'America settentrionale fu l'introduzione presso popolazioni completamente indifese delle malattie europee, le peggiori delle quali, diffuse attraverso vere e proprie pandemie, sterminarono la maggior parte delle nazioni indiane, lasciandole alla merce dell'invasore bianco. Quando i coloni bianchi arrivavano in un territorio, lo trovavano quasi sempre deserto di abitanti e credevano di popolarlo con le loro famiglie. In realtà lo ripopolavano, prendendo il posto degli antichi legittimi abitanti, ormai scomparsi per sempre. Vaiolo, colera, scarlattina, tosse convulsa, difterite, dissenteria, meningite, tifo, malaria, febbre gialla, influenza, morbillo, peste bubbonica, tubercolosi, pleurite e orecchioni colpirono i nativi con una terrificante serie di epidemie, che ebbero risultati devastanti. Dal 15OO alla fine del XIX secolo si svilupparono nei territori a nord del Messico novantatre gravi epidemie e pandemie, una ogni quattro anni e due mesi. La costante di queste epidemie è data dalla tragica e ossessiva ripetitività: la malattia continuava a colpire nei decenni successivi una stessa comunità finché non la portava all'estinzione totale.

Il Cinquecento e il Seicento

Le malattie si diffusero nel continente prima attraverso i contatti iniziali tra nativi e bianchi, esploratori e mercanti, in seguito con spedizioni di guerra e contatti con coloni e soldati. Probabilmente le perdite più grandi nell'America settentrionale si ebbero nei primi cento anni di contatti, all'incirca dai primi anni del 1500 sino alla fine del secolo. Si conosce però poco di questo periodo, perche nella zona dei futuri Stati Uniti d'America gli inglesi, per esempio, non essendo interessati a sottomettere gli indiani, ma a distruggerli e a respingerli fuori dai loro territori per impossessarsi della terra, non tennero in alcun modo documenti ufficiali, come invece fecero i governanti spagnoli dei Caraibi o dell'America meridionale. Probabilmente le prime grandi epidemie di vaiolo in America del Nord uccisero dal sessanta al novanta per cento delle popolazioni colpite e insieme alle altre malattie causarono sovente la scomparsa della maggior parte degli abitanti dei villaggi colpiti. Nel corso del secolo le popolazioni Timucua della Florida furono colpite da alcune devastanti epidemie, che in meno di settant'anni le ridussero a trentaseimilaquattrocentocinquanta persone dalla cifra iniziale di circa settecentosettantamila. Con l'insediamento dei coloni europei sulle coste settentrionali le malattie si diffusero fra tutte le tribù che venivano in contatto con i bianchi, mercanti o coloni che fossero. Nel corso del Seicento vi furono tra le nazioni native dodici epidemie di vaiolo, quattro di morbillo, tre di influenza, due di difterite, una di peste bubbonica, una di scarlattina e una di tifo. Tutte queste epidemie causarono la scomparsa di un numero impressionante di persone.
All'inizio del Seicento la peste bubbonica fece strage dei Wampanoag e degli Abenaki, uccidendo gli indiani a migliaia. La potente confederazione Urone, composta da ventotto villaggi e circa trentamila persone all'epoca dei primi contatti con i francesi, nel corso degli anni dal 1634 al 1640 perse in alcune terribili epidemie di vaiolo circa ventimila persone, riducendosi a meno di diecimila (in seguito gli Uroni furono attaccati dagli lrochesi e distrutti quasi completamente). Nel 1670 alcune terribili epidemie ridussero i Winnebago del Wisconsin da circa ventimila a meno di seicento. Le epidemie di morbillo, colera, tubercolosi e altre malattie fecero stragi fra le tribù di Timucua della Georgia e della Florida tra il 1613 e il 1617, tra il 1649 e il 1650 e nel 1672. Alla fine del XVII secolo a sud alcune terribili epidemie sterminarono molte decine di migliaia di indiani del Golfo del Messico e del bacino del basso Mississippi. Nel 1698 e nel 1699 il vaiolo si sparse lungo il fiume Arkansas, sterminando i Biloxi.

Il Settecento

Nel XVIII secolo le epidemie furono numerose e devastanti: furono quattordici solo quelle di vaiolo, una ogni sette anni o poco più; sei furono le epidemie di morbillo, tre di influenza, una di peste, una di febbre tifoidea, due di tifo, due di scarlattina e due di difterite. Le epidemie di vaiolo fecero strage in Florida nel 1728, nella Carolina del Sud nel 1738 e nel 1759, nel Texas fra il 1776 e il 1777 e nell'alto Missouri fra il 1780 e il 1781. Gli lrochesi furono colpiti dall'epidemia di vaiolo con effetti mortali e devastanti nel 1717, tra il 1731 e il 1732 e nel 1737. Nel 1763 l'epidemia tra gli indiani dell'Ohio fu causata deliberatamente dal generale Jeffrey Amherst, comandante in capo delle forze britanniche nel continente, che fece mandare nei villaggi ribelli coperte appartenute a coloni morti di vaiolo. In breve la malattia fece grande strage tra i Delaware, i Mingo e gli Shawnee, contribuendo a spezzare la ribelli ne di Pontiac. A sud il vaiolo distrusse nel 1738 metà dell'intera nazione Cherokee e numerose altre nazioni furono colpite duramente durante le epidemie del 1711-12, del 1738 e del 1759. l Cherokee furono ancora gravemente contagiati nel 1783 e le perdite subite contribuirono a stroncare la loro resistenza contro gli americani. Nei territori spagnoli il vaiolo colpì nel 1719, nel 1733, nel 1738, nel 1747 e nel 1749. Negli anni Ottanta del XVIII secolo gli indiani del New Mexico furono colpiti da un'epidemia di vaiolo che uccise cinquemila indiani Pueblo. Le città e gli insediamenti indiani patirono di solito molte più perdite dei villaggi abitati dai bianchi. Nel Texas la maggior parte degli indiani scomparve durante alcune terribili epidemie del 1739, del 1746, del 1766 e del 1778.
Durante il XVIII secolo il vaiolo colpì ripetutamente anche le coste occidentali e le pianure centrali. Fra il 1709 e il 1710 una devastante epidemia colse gli indiani delle missioni della bassa California, uccidendo circa duemila adulti e bambini su ottomila. Fra il 1729 e il 1732 fu seguita da un'altra epidemia ancora più devastante. Nel 1763 una nuova infezione in California uccise migliaia di indiani. Fra il 1734 e il 1735 i Dakota furono colpiti dal vaiolo e ancora lo furono duramente fra il 1779 e il 1780. La stessa epidemia distrusse per sempre la potenza degli Ankara e dei Mandan, che lasciarono i loro territori, permettendo l'arrivo definitivo nelle pianure del Missouri dei Lakota. Gli Arikara persero circa il settantacinque per cento della loro popolazione. La malattia risalì le Montagne Rocciose e l'intero bacino del Columbia fu infettato con perdite terribili tra le varie nazioni indiane. Fra il 1782 e il 1783 la malattia tornò verso est, nella regione dei Grandi Laghi, dopo avere distrutto almeno la meta di tutti gli indiani dell'Ovest. Quando nel 1807 Lewis e Clark percorsero quei luoghi, trovarono che la maggior parte delle tribù non si era ancora rimessa dalle terribili perdite subite.

L'Ottocento

Uno dei periodi più devastanti per le malattie, forse anche perche più documentato, fu il XIX secolo. Le popolazioni native del continente nordamericano furono colpite da ventisette grandi epidemie di malattie portate dal Vecchio Mondo: tredici furono di vaiolo, cinque di morbillo, tre di colera e le rimanenti di malaria, difterite, scarlattina e febbre gialla. Alcune malattie, come la tubercolosi e la sifilide, ebbero uno stato latente e non smisero mai di affliggere la maggior parte degli indiani durante il corso del secolo. Le tredici epidemie di vaiolo, comprese due pandemie, furono tra le più devastanti della storia del continente. Il vaiolo era una malattia grave anche fra i bianchi, ma secoli di esposizione alla malattia endemica conferivano un certo grado di resistenza e la maggior parte di quelli che erano colpiti sopravviveva alla malattia. Il vaiolo, invece, prima del contatto con gli europei era sconosciuto tra le popolazioni native ed esse risultarono completamente indifese. Lo stesso accadde con altre malattie, come il morbillo, che si dimostrò micidiale, colpendo soprattutto le popolazioni infantili e causando drastici cali della natalità. In due casi nel XIX secolo le epidemie di vaiolo divennero vere e proprie pandemie con risultati devastanti. La prima pandemia bene documentata fu quella del 1801 e del 1802, che si sparse nelle regioni delle pianure centrali e del Nord-Ovest degli Stati Uniti d'America. Gli Omaha, una tribù del Missouri, furono sterminati, insieme a gran parte dei loro vicini Ponca e Iowa. La pandemia si diresse a nord e raggiunse gli Arikara, i Mandan e i Gros Ventre, devastando i loro villaggi. I Crow portarono la malattia a ovest e in breve numerose nazioni del Nord-Ovest furono colpite duramente. Nello stesso periodo il vaiolo si sparse a sud, lungo il Mississippi, raggiungendo il golfo del Messico. Le nazioni delle pianure colpite dalla malattia persero almeno la metà della loro popolazione, cosi come le popolazioni seminomadi del bacino del Mississippi. Il vaiolo torno a colpire gli indiani durante la grande pandemia del 1837-40, quando la malattia si diffuse nelle pianure del Nord e in Canada, raggiungendo l'Alaska. Essendo documentata da innume-revoli fonti, è la pandemia meglio conosciuta nella storia del continente. Il vaiolo fu portato dal vaporetto St. Peters, che percorreva il Missouri per portare i carichi di merci alle sedi delle compagnie delle pellicce che operavano nell'alto Missouri. In poche settimane, dai primi di luglio del 1837, la malattia fece diecimila morti, gettando nella disperazione intere comunità. I Piedi Neri ebbero circa ottomila morti; duemila i Pawnee; i Mandan circa duemila morti, quasi l'intera popolazione; duemilacinquecento furono le perdite degli Arikara e dei Minnetaree su una popolazione di quattromilacinquecento persone; i Crow contarono mille morti su tremila persone contagiate; gli Assiniboine ebbero quattromila morti su ottomila abitanti dei loro villaggi. Le tribù della California centrosettentrionale raggiunte dalla malattia persero probabilmente i tre quinti della loro popolazione. Alcuni mercanti portarono la malattia al Sud tra i Choctaw, che ebbero in pochi giorni circa cinquecento morti. La pandemia si sparse poi tra i Chickasaw, uccidendone un grande numero, e raggiunse i Kiowa, gli Apache e i Comanche nelle pianure meridionali e a nord i Winnebago, i Gros Ventre e i Dakota, molti dei quali si suicidarono presi dalla disperazione per le perdite subite. Il vaiolo colpì duramente anche molte tribù del Canada e dell'Alaska.
Dopo la grande strage del 1837-40 il vaiolo fece la sua ricomparsa ancora numerose volte, anche se non con la stessa estensione, insieme ad altre malattie. Il morbillo, per esempio, colpì varie tribù del Nord-Ovest, soprattutto nelle vallate del fiume Columbia, che furono devastate da una brutta epidemia alla fine degli anni Quaranta e all'inizio degli anni Cinquanta. I Cheyenne patirono gravi epidemie di colera nel 1849, nel 1860 e nel 1878. Le confederazioni del Nord-Est del Texas e del Sud-Ovest dell'Arkansas subirono gravi epidemie di colera dopo la Guerra Civile e i Nez Percé furono decimati dalla malattia, che nel 1885 si estese rapidamente nella riserva del Territorio indiano. Con la fine delle guerre indiane e la segregazione nelle ri-serve la situazione non miglioro subito: occorsero alcuni decenni perché le condizioni di vita migliorassero. Il Novecento vide per gli indiani dell'America settentrionale la fine di alcune delle vecchie malattie storiche che li avevano flagellati, ma nello stesso tempo l`insorgere di altre, legate al sottosviluppo, allo sfruttamento e alla disperante vita delle riserve.




 
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